Signor Direttore,

Le chiedo cortese ospitalità per una breve riflessione sulle difficoltà che contraddistinguono oggi il quadro economico e sociale del Paese. Difficoltà che impongono a tutti coloro che svolgono funzioni di rappresentanza di formulare proposte adeguate alla situazione. Suggerimenti e prese di posizione devono però fare i conti con la quotidianità che gli italiani stanno affrontando, fatta di precarietà economica, di eccessivo deficit pubblico, di politiche di rigore ed in buona sostanza di brutale e crudele realismo.

In uno scenario come questo, la mia associazione (aderente a Confapi, Confederazione italiana della piccola e media industria, espressione di oltre 120 mila aziende con 2,3 milioni di lavoratori), intende contribuire al confronto sui temi aperti. In primis quello del lavoro, oggi motivo di incertezza per moltissimi italiani. E pensare che una maggiore semplificazione unita alla capacità di integrare strumenti diversi già esistenti potrebbe portare risultati sorprendentemente positivi.

Come è risaputo, il mercato del lavoro si sviluppa su due fronti: da una parte “l’entrata”, che attualmente è articolata su una innumerevole serie di modelli contrattuali; dall’altra “l’uscita”, che in relazione all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori pone uno sbarramento discriminatorio fra le imprese con meno di 15 addetti e le altre.

“Entrata” e “uscita” rappresentano due fattori critici per le PMI che noi rappresentiamo; le aziende pagano lo scotto di contraddizioni e sperequazioni non più sostenibili in un moderno sistema economico e produttivo. Ma basterebbero piccoli passi per rendere tutto meno farraginoso; sul fronte dell’entrata ad esempio, sulla scia positiva del modello per l’apprendistato, Confapi propone una semplificazione sostanziale dei modelli contrattuali, prevedendo un periodo iniziale di carattere formativo e di apprendimento di durata triennale, al termine del quale procedere alla eventuale stabilizzazione del rapporto di lavoro.

Oggi, più che mai, si parla dei giovani e del loro ingresso nell’universo lavorativo. Giustamente del resto, perché oggi un ragazzo su tre è senza lavoro nel nostro Paese. Ma una particolare attenzione andrebbe rivolta anche ai lavoratori over 50, veri tesori di esperienza per le aziende. E’ importante perciò che questi lavoratori possano contare su politiche di sostegno da parte dello Stato per facilitare la loro permanenza nel ciclo produttivo, mediante azioni di decontribuzione.

Un altro nodo cruciale resta l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. In questo versante è fondamentale che lo Stato riduca la propria influenza per aprire al “mercato” regolamentato e gestito in forma condivisa dalle parti sociali, attraverso gli enti bilaterali. Questi strumenti strategici (gestiti congiuntamente dalla parte datoriale e da quella sindacale) possono concretamente favorire l’incontro fra chi offre e chi cerca lavoro. In questo contesto, il ruolo dello Stato potrebbe limitarsi a quello di arbitro nel confronto fra le parti.

Sul fronte dell’uscita va invece disboscata la complessa e farraginosa sequela di ammortizzatori sociali. Per quanto riguarda l’accompagnamento verso l’uscita del mercato del lavoro bisognerebbe invece puntare l’attenzione su tre pilastri fondamentali: sostegno al reddito, formazione e orientamento. Si tratta di tre fattori strategici che possono contare sull’apporto delle parti sociali, attraverso la bilateralità, che va a favore sia delle imprese che dei lavoratori.

È evidente che questi interventi di tipo “privatistico e sociale” possono generare un circolo virtuoso, teso ad un contenimento sostanzioso della spesa pubblica. Per questo sarebbe giusto che trovassero degno riconoscimento all’interno dei costi già previsti con il versamento all’Inps delle quote per la stessa finalità.

Uno Stato virtuoso valorizza l’apporto dei privati e non si sostituisce ad essi nello svolgimento di funzioni economiche, ma ne regolamenta il corretto sviluppo.

Le parti sociali oggi sono in grado trovare una convergenza su modelli organizzativi utili a far decollare e sostenere le politiche di sviluppo economico, sempre che lo Stato sia così lungimirante da non rappresentare un ostacolo, non fosse altro che per contenere i costi. Il contributo di Confapi su questa partita a tutela degli interessi delle PMI è deciso e convinto; per uscire dalla crisi è fondamentale che ciascuno giochi il proprio ruolo con tutti i mezzi messi in campo, che si tratti di mondo privato o mondo pubblico.

Cordiali Saluti
 

Matera, 26 gennaio 2012

 
                                                                           Vito Domenico Gravela
                                                                           Presidente Confapi Matera