Più di 16 mesi senza percepire alcun pagamento, crediti verso Acquedotto Lucano per oltre 10 milioni di euro per le manutenzioni della rete acquedottistica e altrettanti per i lavori di costruzione, sul collo il fiato di Equitalia, banche, fornitori, dipendenti, il rischio di fallimento alle porte e in qualche caso la disperazione che obnubila la mente.
È la situazione di decine di piccole imprese lucane che lavorano per Acquedotto Lucano, la società partecipata dalla Regione Basilicata che sembra avere dimenticato i propri obblighi contrattuali. E qui il Patto di Stabilità c’entra poco o nulla, dato che le manutenzioni sono finanziate con fondi propri.
Dopo la denuncia di Confapi Matera, che ha scritto nei mesi scorsi al Prefetto Pizzi, la situazione sta precipitando. Una decina di piccole imprese lucane delle province di Matera e Potenza, titolari di contratti di manutenzione della rete acquedottistica, lanciano un grido d’allarme e preannunciano la sospensione delle manutenzioni in due terzi della Basilicata.
I Centri Operativi di Marsicovetere, Policoro, Lauria e Vulture Melfese, Senise,  Potenza e Matera, più gli impianti di depurazione delle pubbliche fognature nei comuni di Bernalda, Metaponto, Craco, Montalbano, Aliano, Armento, Castelsaraceno, Castronuovo S. Andrea, Corleto Perticara, Gallicchio, Guardia Perticara, Missanello, Roccanova, S. Martino d’Agri, Sant’Arcangelo, potrebbero fare a meno di interventi manutentivi.
“Non vogliamo fallire e non vogliamo essere costretti a licenziare centinaia di dipendenti per il troppo credito maturato e non riscosso”, dichiarano gli imprenditori. Le condizioni contrattuali prevedono termini di pagamento di 10 giorni, ma le imprese non hanno percepito un euro per oltre 16 mesi. Successivamente solo piccoli acconti.
Dovendo, invece, anticipare mensilmente l’Iva e le imposte, pagare ingenti interessi bancari, i fornitori e i dipendenti, questa situazione sta causando gravi danni economici. Intanto le banche non concedono più l’anticipo su fatturazione, anzi chiedono di rientrare del loro credito; così come i fornitori e i dipendenti. Centinaia di posti di lavoro diretti ed indiretti sono a rischio e in molti casi è forte il rischio usura per scongiurare il fallimento.
Le imprese, pertanto, saranno costrette a sospendere ogni attività di manutenzione a far data dal termine ultimo concesso da banche e fornitori per il rientro dei rispettivi crediti.
Confapi, infine, chiama in causa anche la Regione che dovrebbe ripensare il ruolo delle società strumentali, sulle quali esercita uno scarsissimo controllo.