Sono sempre più numerosi i segnali che provengono dal mondo bancario di chiusura verso le imprese locali, soprattutto da parte degli istituti di credito di maggiori dimensioni, i cui centri decisionali sono lontani dalla provincia di Matera.
Tempi di erogazione che si allungano per mesi; richieste di garanzie aggiuntive, spesso superflue; chiusura dei rubinetti del credito; impennata degli spread nonostante il calo delle tensioni di mercato; irrigidimento dei criteri standard di accesso al credito per una maggiore selettività.
In questi giorni, inoltre, Confapi sta ricevendo diverse segnalazioni di pratiche istruite con esito positivo dal punto di vista tecnico e poi bocciate sul piano politico. Le banche non intendono più impiegare grosse somme sul territorio, nonostante i proclami e le promesse. Dopo anni di elargizioni a piene mani alle grandi aziende, adesso chiudono i rubinetti del credito proprio al tessuto imprenditoriale tipico della provincia, cioè le piccole imprese.
Nonostante l’impegno e le buone intenzioni di zelanti funzionari locali, la scelta affidata ai centri decisionali ubicati fuori regione dalla maggior parte delle banche spesso dà esiti negativi, con il risultato di creare notevoli difficoltà finanziarie e di liquidità ad un sistema imprenditoriale già duramente provato dalla crisi e dal diffuso fenomeno dei ritardati pagamenti.
È soprattutto in tempi di Patto di Stabilità e di crisi di liquidità che gli istituti di credito dovrebbero venire incontro maggiormente alle imprese locali, le uniche realmente radicate sul territorio e intenzionate a crescere e a dare occupazione stabile. Propositi difficili da attuare senza il credito bancario, vera e propria linfa vitale in alcuni settori, come per esempio l’edilizia, che necessitano di avere un flusso continuo di cassa proprio per mandare avanti i cantieri, dove i pagamenti sono perennemente in ritardo.
E invece è proprio il settore edile quello verso cui le banche hanno perso la fiducia, dopo anni di eccessi da ambo le parti. Ma anche gli altri settori non se la passano meglio, come si vede dai progetti di investimento industriale a valere sui bandi della Regione Basilicata, in cui il sostegno bancario costituisce parte fondamentale dell’iniziativa imprenditoriale.
Non stiamo parlando di soggetti adusi alle sofferenze e agli incagli, ma di imprese assolutamente “bancabili”, come si dice in gergo, cioè con i conti a posto e i bilanci in regola, ma a cui viene precluso il credito per decisioni prese altrove, da chi non conosce il territorio, il sistema imprenditoriale locale e, soprattutto, l’attaccamento alle proprie aziende dei nostri imprenditori.
A parere di Confapi una delle risposte possibili alla stretta creditizia operata dalle banche nei confronti delle imprese è il rilancio e la valorizzazione dei consorzi fidi che, attraverso la prestazione di garanzie collettive, assumono gran parte del rischio connesso per eventuali insolvenze. Per questo ben venga la decisione presa dalla Regione, su richiesta delle associazioni imprenditoriali, di stanziare circa 6 milioni di euro per la ricostituzione dei fondi rischi dei cofidi lucani.
Alla contrazione del credito, come è noto, si aggiunge un aumento del costo del denaro, che in molti casi raggiunge la doppia cifra. La via che conduce al credito è diventata più difficile e tortuosa. Manca un modello creditizio che viaggi di pari passo con le esigenze delle imprese, indispensabile per abbattere anche quel muro di sfiducia reciproca che si è creato nelle relazioni tra i soggetti interessati.
Esiste un problema bancario che non fornisce alle imprese risposte adeguate alle loro urgenze, anche perché non esistono soluzioni finanziarie alternative al credito. Pertanto, un rapporto più solidale e partecipativo sarebbe di aiuto alle forze che costituiscono la spina dorsale dell’economia lucana.